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Belìce

Debutta  l’8 gennaio alle ore 21.00 nella Sala Strehler del Teatro Biondo “Belìce. Oratorio per Ludovico Corrao” , una produzione del Teatro Biondo Stabile di Palermo, con la  regia di Gabriello Montemagno. Interpretato dallo stesso Montemagno e da Gulzar Hussain, Jennifer Din Chin, Djack Traore, Nina Kanga, Esther Abea Yeboa e Adama Keita. Lo spettacolo è un omaggio a Ludovico Corrao,  ad un anno e mezzo dalla sua tragica scomparsa. Il racconto della vita e dell’impegno civile di Corrao parte dal terremoto del Belìce e si conclude con la rifondazione di Gibellina nel segno dell’arte e della rinascita culturale. Il testo di Montemagno è arricchito con le parole dello stesso Corrao tratte da Il sogno mediterraneo, il libro-intervista di Baldo Carollo, che  traccia il percorso umano, culturale e sociale di una comunità e del suo eroe civile.

 

NOTE DI REGIA

Nell’emozione improvvisa e inconcepibile della morte violenta di un campione di altissima civiltà, nasce quest’omaggio a Ludovico Corrao. Nasce, a seguito delle commosse sollecitazioni del direttore del Biondo, Pietro Carriglio, proprio nel giorni successivi a quella domenica del 7 agosto 2011, quando un inspiegabile gesto di follia troncò la vita dell’estroso vecchio artefice immaginifico della rinascita di Gibellina e attivo propugnatore di un Mediterraneo “mare di pace” e di integrazione fra i popoli. Ora, ad un anno e mezzo da quell’evento crudele, proponiamo quel testo, che per ragioni contingenti non aveva potuto vedere subito la luce della scena, senza nulla togliere alle ragioni dell’emozione che ne suggerirono la scrittura. Così, lasciando integro il passo poetico delle idee e delle utopie di Corrao, siciliano di tenace concetto, e riservando ai cronisti e agli storici il suo protagonismo politico nella Regione e nel Parlamento, o il suo impegno forense nella clamorosa difesa della ribellione civile della giovane Franca Viola. Proprio in quel tragico agosto ci sono tornati alla mente i versi incredibilmente profetici del poeta siriano Adonìs, recitati a Gibellina qualche anno prima: «La statura della storia mi si è flessa tra le mani: / è l’uomo che sgozzato giace sul cuore di un profeta». Ed è con questi versi che abbiamo voluto introdurre nello spettacolo le visioni e i sogni di Ludovico Corrao, le sue parole appassionate. Perché, quasi esclusivamente con le sue parole, lasciateci in preziosa eredità in un libro (Il sogno mediterraneo, intervista di Baldo Carollo, editore ernestodilorenzo, Alcamo 2010), abbiamo composto questo testo oratoriale: dalle crudeli scene del terremoto del Belìce alla rifondazione della città, dalla tragica dissoluzione alla speranza e al riscatto, dalla morte degli uomini e delle cose alla ricostruzione sociale e culturale di una comunità. E il fascino rapinoso delle sue parole, del suo eloquio, si dispiega, per esempio, nell’inno alla palma, un essere vegetale che diviene simbolo divino ed elemento di progresso: «La palma attiene alla grande poetica del mondo islamico ed è un segno della bellezza di Dio. Dello splendore della luce che sa conquistare dal cielo, e dell’ombra che è capace di dare, e delle acque che essa stessa concorre a generare. È una generatrice di luce, di acqua, di vita; trasforma un deserto in una zona fertile e agognata: l’oasi a cui le grandi carovane anelano per nutrirsi, per abbeverarsi, ristorarsi, rigenerarsi. E per stabilire dei punti fermi di contatti tra varie tribù, tra vari popoli. La palma è anche una stazione di sosta, un topos dell’anima, un punto di approdo ed anche un punto di partenza del cammino degli uomini. È un locus amenus del nomade, cioè della condizione umana, della vita degli uomini verso la loro civiltà. Un simbolo di perfezionamento spirituale, un luogo di felicità, un miraggio, un miracolo, un posto segreto a cui si accede attraversando il deserto». Oppure ci affascina il senso della storia della Sicilia raccontata da Corrao, con le sue glorie e le sue profonde ingiustizie, da Eschilo, Platone ed Empedocle fino alle Stato nazionale e ai nostri tempi. Oppure il senso che egli spiega delle opere d’arte che grandi artisti hanno donato a Gibellina, facendo di questa città un museo vivente. Oppure la narrazione commossa e partecipe delle antiche tradizioni della povera gente dei paesi del Belìce, dal lavoro degli artigiani alla Festa della Madonna, dalla fatica dei contadini alla Corsa dei cavalli, con un vero inno a questo animale docile amico di tutte le fatiche dell’uomo. E, infine, o sopra ogni cosa, il suo “sogno mediterraneo” di pace e di integrazione fra i popoli di tutte le razze. La Sicilia come isola senza frontiere, la sua cultura come «un’identità di identità plurali». Ed è per questo che abbiamo scelto di condividere questo “sogno” sulla scena con un gruppo di immigrati provenienti da diversi paesi, come Ghana, Mali, Costa d’Avorio, Bangladesh, che dialogano con l’eredità di Ludovico Corrao.

 Gabriello Montemagno

 

Calendario delle rappresentazioni (Sala Strehler)

Mar. 8 gennaio 2013 – ore 17.00

Mer. 9 gennaio 2013 – ore 21.00

Gio. 10 gennaio 2013 – ore 21.00

Ven. 11 gennaio 2013 – ore 17.00

Sab. 12 gennaio 2013 – ore 17.00

Dom. 13 gennaio 2013 – ore 21.00

Mar. 15 gennaio 2013 – ore 21.00

Mer. 16 gennaio 2013 – ore 17.00

Gio. 17 gennaio 2013 – ore 21.00

Ven. 18 gennaio 2013 – ore 17.00

Dom. 20 gennaio 2013 – ore 21.00

Mar. 22 gennaio 2013 – ore 17.00

Mer. 23 gennaio 2013 – ore 17.00

Gio. 24 gennaio 2013 – ore 17.00

Ven. 25 gennaio 2013 – ore 17.00

Sab. 26 gennaio 2013 – ore 17.00

Dom. 27 gennaio 2013 – ore 17.00

Mar. 29 gennaio 2013 – ore 17.00

Mer. 30 gennaio 2013 – ore 21.00

Gio. 31 gennaio 2013 – ore 21.00

 

 

 
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