“LA MALATTIA DELLA FAMIGLIA M”, DISAGIO ESISTENZIALE NELLA VITA DELLA PROVINCIA ITALIANA CONTEMPORANEA
Fausto Paravidino è autore, interprete e regista dello spettacolo dello Stabile di Bolzano, al Teatro Vittorio Emanuele di Messina, dal 15 al 17 aprile per il cartellone “Paradosso sull’autore”
Penultimo appuntamento stagionale con il cartellone “Paradosso sull’Autore“, curato da Dario Tomasello: nella Sala Laudamo, dal 15 al 17 aprile, sarà in scena “La malattia della famiglia M” di Fausto Paravidino, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano. La regia è dello stesso Paravidino.
Rappresentata con successo in altri paesi europei, “La malattia della famiglia M” di Fausto Paravidino, uno dei talenti della scena italiana contemporanea, in questa stagione è stata allestita per la prima volta in Italia nell’edizione diretta e interpretata dall’autore.
Foto di scena: e.galliussi, f.paravidino,n.pannelli, i.fusettiScoperto e lanciato nel 1999 dal Premio Riccione per la drammaturgia, Paravidino è subito diventato un caso nel teatro italiano grazie a “2 fratelli”, una tragedia da camera in 53 giorni, messa in scena anche in quella occasione dal Teatro Stabile di Bolzano; un caso, non solo per averci dato a 22 anni un testo folgorante sulla sua generazione, ma anche per la capacità di scrivere commedie con la naturalezza con cui respira.
Ora, a 33 anni, l’autore, attore e regista nato a Genova, mantiene salda la sua predilezione per il linguaggio teatrale coniugandolo con l’interesse nei confronti di generi e registri differenti: nel 2005 ha scritto, diretto e interpretato il film “Texas”, opera prima prodotta da Fandango che ha riscosso un buon successo di critica e di pubblico.
Commedia scritta nel 2000, “La malattia della famiglia M” racconta in maniera diretta e poetica il disagio esistenziale di una famiglia allo sbando nella provincia italiana di questi anni. Ha spiegato l’autore: “C’è una storia famigliare che riguarda due sorelle, un fratello, un padre malato e l’assenza di una madre. Questa famiglia ha una malattia, dice il titolo. Forse ne ha più d’una. C’è un padre che vive una malattia clinicamente non specificata che lo sospende dalla possibilità di esercitare l’autorità e che lui usa come arma e come scusa. C’è il lutto dell’assenza della madre che pesa su questi personaggi come una colpa e procura loro una vaga tristezza della quale tutti si accusano a vicenda. Ci sono poi due amici, Fulvio e Fabrizio, che interagiscono con questa famiglia e involontariamente portano la farsa tra questa gente triste: hanno il buon gusto di innamorarsi entrambi di una delle due sorelle e vanno a fare la commedia degli equivoci a casa di Ibsen senza mai accorgersi di avere sbagliato indirizzo”.
Una commedia in cui tutti i protagonisti ruotano attorno alla domanda: “Mi ami? Mi vuoi bene?”, incerti come sono della risposta che potrebbero ricevere, ma anche dei loro sentimenti: hanno paura di non amare il fidanzato, i fratelli, il padre…
Iacopo-Maria Bicocchi, Iris Fusetti, Emanuela Galliussi, Nicola Pannelli, Fausto Maria Sciarappa e Pio Stellaccio, interpretano a fianco di Paravidino, questo disincantato affresco di intimità familiare. Scene di Laura Benzi, costumi di Sandra Cardini, luci di Giovancosimo De Vittorio.
Sala Laudamo: 15 e 16 aprile, ore 21.00; 17 aprile, ore 17.30
Prezzi: posto unico 10 euro, ridotto 6 euro
RECENSIONI & RASSEGNA STAMPA
28-02-2010 – LA MALATTIA DELLA FAMIGLIA M di Fausto Paravidino
regia Fausto Paravidino scene Laura Benzi costumi Sandra Cardini con Nicola Pannelli, Fausto Paravidino, Paolo Pierobon, Jacopo-Maria Bicocchi, Iris Fusetti, Emanuela Galliussi, Pio Stellaccio
Radiografia di una famiglia malata
Trentatreenne ma rivelatosi a ventitrè, Fausto Paravidino, nato come attore e divenuto a buon diritto capofila dei nostri giovani scrittori di teatro, è anche il solo che, come i suoi prediletti inglesi, sa scrivere con la libertà e la naturalezza con cui si chiacchera nella vita, e ne dà conferma La malattia della famiglia M. Tutto si adegua perfettamente a una realtà di cui conosciamo questo non essere e questo girare su se stessi senza un perchè, suscitando ilarità e angoscia nell’incapacità di discernere l’inesistenza di questo esistere.
Franco Quadri / La Repubblica
In famiglia fra Cechov e Pinter
Raramente si avverte una felicità di scrittura come quella che pare avere, magari al termine di una lunga fatica, Fausto Paravidino, autore e regista, con i suoi dialoghi ingenui e maliziosi, apparentemente naturali, fluidi e assieme frammentari e vaghi, come fossero sempre sul punto di inseguire un altro pensiero, ma riuscendo invece, alla fine, a mettere implicitamente a nudo il nodo drammatico (o comico) della scena e dei personaggi. Facile per questo spettacolo, in cui il dramma ha sempre un risvolto comico, citare Cechov con i suoi vaudeville tragici, ma Paravidino, che lo ha scritto nel 2000 quando era poco più che ventenne, lo fa modernamente sconfinare quasi inavvertitamente in Pinter e la noia, l’attesa, l’insofferenza si fondono in una sorta di nostalgia esistenziale per quel che si vorrebbe essere e non si riesce. E’ il tema, o meglio il sentimento della provincia, tra il deprimente e il protettivo, come ce lo ha raccontato altre volte, compreso nel film “Texas”, dove, come qui, i più vitali e insofferenti soccombono.
Paolo Petroni / Corriere della Sera
Che bel ritratto da famiglia cechoviana
Astrov di Zio Vanja è ora un mite medico (narratore) di campagna di metà 900, le Tre sorelle si scindono in una virtuosa, una inquieta e un fratello strano, e Vanja è un padre malandato. Due amici corteggiatori escono da un’altra farsa di Cechov. Eppure il bellissimo La malattia della famiglia M è del 2000, scritto da Fausto Paravidino 23enne, ambientato tra alberi e neve dell’Alessandrino, ed è un requiem domestico come i drammi di Norén o di Fosse salvo sbalzi grotteschi di stile. Il lavoro dello Stabile di Bolzano che scorre con Bach, litanie di “volersi bene” e ombre d’una madre morta, è inscenato con grazia giovane e toccante da Paravidino, ideale interprete come Nicola Pannelli, Paolo Pierobon, Iris Fusetti, Emanuela Galliussi, Jacopo-Maria Bicocchi, Pio Stellaccio.
Rodolfo Di Giammarco / La Repubblica
La malattia negata della famiglia M
Insomma La malattia della famiglia M scopre dietro il suo andamento lieve e disinvolto, un tessuto drammatico che rispecchia fedelmente la complessità di vivere assieme. Sembra non volerci credere troppo Paravidino, ma proprio questo gli dà una insospettata autorevolezza, libero poi ognuno di riconoscervisi o meno. Lui se ne prende il carico per intero, essendone oltre che autore anche regista di questa edizione, e perfino interprete nel ruolo mattacchione del fratello.
Gianfranco Capitta / Il Manifesto
Cure domestiche
E’ lì in scena l’autore, mascherato da personaggio, a osservare le scomposte traiettorie di quelle creature, da lui inventate e inserite in un gioco doloroso e spesso crudele. Fausto Paravidino, drammaturgo trentenne ma già noto e apprezzato, prosegue in questo suo lavoro la sezione al bisturi della durezza delle relazioni umane nei nostri tempi, mettendo a fuoco soprattutto il disorientamento dei giovani, la loro incapacità di inventarsi nuovi modi di agire, di vivere, di amare, a confronto con la generazione precedente che, certo, non ha saputo cavarsela meglio.
Antonio Audino / Il Sole 24 Ore
La malattia della famiglia M
Ha la poesia di un Cechov ambientato nella provincia italiana, dove in apparenza non succede niente, ma poi esplodono tragedie insospettabili. Fausto Paravidino queste storie le ha sempre scritte benissimo, ma ora le sa anche egregiamente mettere in scena, scegliendo gli attori giusti (tutti bravissimi) per la sua prosa lieve e densa, ironica e dolente.
Claudia Cannella / Corriere della Sera
7 personaggi in cerca d’amore
Corre il lavoro su un doppio binario. Da una parte la famiglia che si fa metafora di una società malata, il cui virus è la paura nascosta di non essere amati o di non sapere amare. Dall’altra parte il disagio e la solitudine della vita di provincia. Si smarriscono nella ricerca di se stessi i personaggi, stentano a diventare adulti, e ci appaiono come bestiole ferite e difficili da curare.
Domenico Rigotti / Avvenire
Così Paravidino annichilisce la famiglia
Il Paravidino regista muove alla perfezione i suoi personaggi nello scarno ma suggestivo apparato scenico ideato da Laura Benzi: senza mai calcare la mano, badando soprattutto alla coralità e a far lievitare la malinconia che scaturisce da tutte le situazioni. Il momento più intenso e nello stesso tempo esplicativo dello spettacolo è la scena avvincente e coinvolgente in cui i componenti della famiglia M stanno seduti in un lungo silenzio attorno a un tavolo, immobili, senza riuscire a trovare una parola a giustificazione del loro essere: è il momento che prelude alla disgregazione definitiva, alla diaspora poi materialmente innescata dalla tragica ma anche banale fine di Gianni.
Umberto Gandini / Alto Adige
Il regista Paravidino presenta la sua “Malattia di famiglia”
Un drammaturgo abile nel rendere in modo funambolico un certo clima emotivo (non a caso nello spettacolo giocano un ruolo importante gli agenti atmosferici, resi tra l’altro alla perfezione), un prestigiatore scenico che sa materializzare sentimenti impercettibili, ma anche trasformare spunti drammatici in commedie lievi, appena un po’ screziate da qualche finale amaro. Anche La malattia della famiglia M non si conclude con un happy end, nello spettatore resta però una sensazione di imprecisata tenerezza, un sapore agrodolce in cui l’elemento aspro serve a far meglio percepire quello dolce.
Stefano Borghi / Il Giornale