Politeama Garibaldi di Palermo
martedì 15 marzo ore 21.15
Sandro Cappelletto voce narrante
Quartetto Savinio
Alberto Maria Ruta e Rossella Bertucci violino
Francesco Solombrino viola
Lorenzo Ceriani violoncello
Marco Scolastra pianoforte
Shostakovich
Trio n. 2 in mi minore op. 67
Quintetto in sol minore op. 57
Sandro Cappelletto è nato a Venezia nel 1952. Scrittore e storico della musica, ha pubblicato un’ampia biografia di Farinelli (La voce perduta, 1995) e i volumi Farò grande questo teatro! (1996), Mozart. La notte delle dissonanze (2006) e Ultravelocità. Avventure di un viaggiatore in treno (2006). Nel 2006 ha inoltre curato, per l’editore Marsilio, la pubblicazione
degli scritti di Giuseppe Sinopoli su Ricard Wagner. Autore di testi teatrali, radiofonici e televisivi, Sandro Cappelletto ha lavorato al fianco di autori come Azio Corghi, Francesco Pennisi e Ennio Morricone, e collabora con i quotidiani “La Stampa” e “Le Monde”.
Il Quartetto Savinio è stato costituito nel 2000 da alcuni allievi della Scuola di Musica di Fiesole e rende omaggio ad Alberto Savinio (1891-1952) fratello di Giorgio De Chirico e musicista, pittore e scrittore fra i più geniali del Novecento italiano. Vincitore del Concorso dell’Accademia Europea
del Quartetto e della International String Quartet Competition di Mosca, l’ensemble si esibisce a Palermo insieme con il pianista Marco Scolastra.
Dopo aver raccontato la genesi di due capolavori esoterici come il Quartetto “Delle dissonanze” di Mozart (1785) e il Quartetto per la fine del Tempo di Olivier Messiaen (1940-41), il musicologo/narratore Sandro Cappelletto si sofferma questa volta sulla figura di Dmitrij Shostakovich e sui rapporti tra il grande musicista e il clima culturale dell’Urss negli anni dello stalinismo. Da giovane, Shostakovich era considerato l’enfant prodige e il fiore all’occhiello
dell’Unione Sovietica: non a caso, nel 1927 realizzò una Sinfonia intitolata “All’Ottobre” e fu chiamato a realizzare la colonna sonora del film di propaganda di Sergej Ejzenstejn ispirato al libro/reportage di John Reed Dieci giorni che sconvolsero il mondo (1919). In seguito, però, la sua
Lady Macbeth (1930-32) venne attaccata sulle pagine della “Pravda” e da qul giorno,”come tanti altri russi in quegli anni di terore”, Shostakovich iniziò “a dormire vestito, tenendo a portata di mano una valigetta con qualche indumento” (Restagno): gli arresti avvenivano infatti quasi sempre
di notte, senza preavviso e senza lasciare alle vittime neanche il tempo di prepararsi un bagaglio.
Com’è noto, Prokof’ev tentò di reagire alle accuse di “formalismo borghese” componendo Pierino e il lupo (1936), una fiaba musicale che allude tuttavia al destino del popolo russo e alla ferocia del lupo-Stalin; Shostakovich scelse invece di omologare il suo linguaggio sinfonico ai criteri del realismo socialista, dando vita al tempo stesso a una serie di opere ben più cupe e sincere, quasi sempre destinate a piccoli organici cameristici e capaci di configurarsi come una sorta di diario segreto del suo esilio spirituale. Tale aspetto è assai evidente nel Trio in mi minore, un’ opera degli “anni di guerra”, composta nel 1944 e dedicata all’amico Ivan Sollertiskij, morto giovanissimo . Il carattere drammatico della partitura, in cui Shostakovich si ricollega idelamente ai modelli del Trio in la minore di Cajkovskij (scritto in memoria di Nikolaj Rubinstejn) e del Trio “Elegiaco” di Rakhmaninov (scritto in memoria di Cajkovskij), si evidenzia fin dal movimento d’apertura (“Andante – Moderato”) e culmina, dopo la parentesi gioiosa del breve
“Allegro non troppo”, con il drammatico ritmo di passacaglia del successivo “Largo”. Segue un “Allegretto” in forma di rondò basato su un tema yiddish che si trasforma tuttavia in una spettrale danze macabre. Come osserva Solomon Volkov, è possibile che durante la composizione del Trio
l’autore abbia sentito parlare per la prima volta dello stermino degli ebrei nelle zone occupate dai tedeschi (la cosiddetta “Shoah delle pallottole” poi rievocata nella Sinfonia n. 13 “Babij Jar”), decidendo di intrecciare il suo dolore personale con il lutto per la scomparsa di innumerevoli vittime innocenti.
Realizzato quattro anni prima del Trio, il Quintetto in sol minore op. 57 (1940) è, almeno in apparenza, un brano più luminoso, quasi amabile. L’idea è forse quella di non turbare troppo gli ascoltatori, dando vita a un’opera che potrebbe sembrare addirittura accademica per il ricorso al contrappunto e a un linguaggio insolitamente melodico. Descritto come “un cristallo di verità fuori dal tempo”, il Quintetto fu eseguito per la prima volta dal Quartetto Beethoven con l’autore al pianoforte, ed è costituito da una serie di episodi in tempo moderato che circondano un breve, focoso Scherzo. Con grande stupore dei critici/burocrati, e probabilmente dello stesso Shostakovich, il brano ricevette nel 1940 il Premio Stalin di prima classe, quasi a segnare un misterioso intreccio fra l’arte e il potere.
BOTTEGHINO
intero € 20 / ridotto € 15 / anfiteatro € 10
Prevendita presso Libreria Idiomi, Master Dischi e Modusvivendi.
I biglietti saranno in vendita anche al botteghino del Politeama Garibaldi a partire da un’ora prima dell’inizio dei concerti.